Sulle strade delle lettere e delle arti by Cesare De Seta

Sulle strade delle lettere e delle arti by Cesare De Seta

autore:Cesare De Seta [Seta, Cesare De]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


17. Cesare Brandi

L’Informale e Burri

L’interesse verso una nuova esperienza artistica nasce molto spesso dalla capacità che essa ha di focalizzare contributi molteplici, provenienti da discipline eterogenee, su problemi di fondo della cultura contemporanea. L’Informale può considerarsi il fenomeno più tipico di questi anni in quanto parte di una cultura profondamente in crisi e alla ricerca di nuove direttrici: una crisi di crescenza sono propenso a dire, poiché rifiuto le troppo facili schematizzazioni che dividono le esperienze artistiche in quelle dello splendore e in quelle della barbarie. In tal senso il volume di Cesare Brandi, Burri (1963), costituisce uno dei più chiari contributi all’intelligenza dell’Informale che impegna tutta la cultura contemporanea e colloca l’informale nel più complesso fenomeno culturale che essa ha rappresentato.

Burri è un personaggio-chiave dell’Informale: dalla sua figura, scontrosa ed introversa, Brandi fa scaturire con amore e pazienza un quadro dell’orizzonte culturale di questi ultimi quindici anni. La formula adottata dallo storico senese è analoga a quella del Mondrian e l’arte del XX secolo (1963) di Carlo Ludovico Ragghianti, dove il maestro olandese rappresentava la chiave di volta dell’arte moderna. Una formula che ci sembra ben lontana dalla vecchia monografia di rigoroso impianto idealista e più prossima, soprattutto nei casi su indicati, ad una interpretazione complessa ed aperta della personalità e del fenomeno artistico. Si è parlato, a proposito dell’Informale, di crisi senza speranza dell’arte, di puro caos ecc.; si son poste pesanti ipoteche sulle capacità e sulla stessa onestà professionale degli artisti informali. Si è insomma accumulato contro l’Informale un vero e proprio campionario di accuse, il più delle volte di invettive, che – diremo con Umberto Eco – ha costituito il costante atteggiamento dei nostri “critici apocalittici”. Cesare Brandi non ignora le accuse e risponde a quelle che presentano una qual certa fondatezza critica. Quando accennavamo all’interpretazione dell’Informale come espressione del caos, sintomo dello sfaldamento della coscienza contemporanea ormai irreversibile, ci si rifà a quelle posizioni “apocalittiche” che vedono nell’Informale un fenomeno disancorato dalla tradizione figurativa, completamente in balia del caso e dell’istinto.

Ciò è facilmente contestabile per vari motivi: il rifiuto integrale della rappresentazione del reale ha una tradizione assai antica. Il Vasari affermava che il quadro è «una superficie coperta di colori» e la definizione Nabi è pressoché identica: «une surface recouverte de couleurs». In Segno e Immagine del ’60, Brandi ripercorreva l’esperienza millenaria dell’arte, evidenziando l’eterno alternarsi dell’arte come segno non significante e dell’arte come immagine.

L’Astrattismo, “figlio naturale” dell’ultimo Espressionismo e del Cubismo, rappresentò l’esperienza limite dell’arte come immagine; inoltre aggravò la soggezione dello spettatore verso l’opera d’arte. Infatti, «il fatto che l’opera astratta costituisse, se non un rebus, una figurazione che sollecitava a ricercare o supporre significati misteriosi, o comunque assolutamente alieni dalla attualità dello spettatore, finiva per riportare il quadro astratto su quella sponda dell’arte come facitrice di irraggiungibili capolavori, che lasciava lo spettatore nell’angoscia della sua vita senza fondo, nell’avvilimento della sua pochezza» (p. 13). Nonostante ciò, l’Astrattismo fu il primo tentativo di apertura verso l’arte come segno. Per quanto concerne l’Informale,



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